LA STORIA
Sorvoliamo le colline di Los Angeles fino a contemplare l’architettura originale del Getty Museum, entriamo nella sala 205 sud e scopriamo uno dei più bei quadri di Venezia: è dipinto dall’adolescente Bernardo Bellotto, allievo e nipote del celeberrimo Antonio Canal, entrambi detti Canaletto.


Ci immergiamo nel quadro e il quadro diventa magicamente reale: siamo a Venezia nel 1736. I due ragazzini Pietro e Bernardo Bellotto, orfani di padre, obbligati dalla loro madre, sorella del celeberrimo Zio Antonio Canal, a lavorare nella bottega dello zio, scorrazzano per le vie di Venezia e ne rivelano luoghi, piazze, calli, che magicamente si ritrasformano in quadri. I quadri de Antonio Canal e Bernardo Bellotto vengono confusi tra loro fino ai nostri giorni, ma Bellotto riesce ad emergere, supera lo zio e maestro e ne diventa alter ego: si firma come lui, “Canaletto” e nessuno dei contemporanei nota la differenza tra i due, anzi, i quadri del nipote hanno una prospettiva più ferrea, colori argentati, maggiori dettagli nei personaggi. La rottura è inevitabile e dal 1746 zio e nipote non si vedranno mai più.


Antonio Canal emigrò in Inghilterra, dove alcuni misero persino in dubbio la sua identità (nei 10 anni londinesi, Antonio Canal non riuscì’ a dare il meglio di se a causa dell’abbassamento della vista). Il nipote invece, alter ego del famoso maestro, venne scambiato per il vero Canaletto. Quando Bernardo giunse a Dresda alla ricca corte Sassone, aveva solo 25 anni e divenne il pittore più stimato e pagato della corte sassone. I pittori tedeschi vennero congedati. Bernardo decise di diventare nobile e trasformare il proprio nome in “de Canaletto” (“Von Canaletto” per i germanici).

Nel 1756 la guerra dei 7 anni sconvolse l’Europa, Federico II di Prussia invase la Sassonia e Dresda venne bombardata. Bernardo perse tutto: la sua lussuosa casa, la preziosissima biblioteca con più di 1000 volumi assai rari, il prestigio e il lavoro. Fu costretto a migrare di nuovo sulla soglia dei 50 anni, verso est, invitato dalla zarina Caterina di Russia.

Ma sulla strada si fermò a Varsavia e se ne innamorò. Viene accolto calorosamente dall’illuminato re Poniatowski (autore della prima Costituzione Europea) e dall’amico Bacciarelli, pittore e curatore delle gallerie reali. Entrambi lo convinsero a rimanere a Varsavia.
Bellotto si fermò a Varsavia per 13 anni, fino alla morte nel 1780, e dipinse non solo la città, ma anche la corte, i personaggi, trasformandosi in cronista, storico e ritrattista.
Pochi anni dopo la morte del pittore l’enorme regno di Polonia spari’ dalle carte geografiche, diviso tra Russia, Prussia e Austria. Il buon Re Poniatowski venne imprigionato e mandato in esilio.
Un secolo e mezzo dopo avvenne un miracolo: nel 1945, alla fine della seconda guerra mondiale i quadri del Bellotto vennero recuperati miracolosamente e gli architetti di allora insieme alle autorità sovietiche, decisero di copiarli per ricostruire Varsavia.
La Varsavia di oggi, è la copia della Varsavia dipinta da Bernardo, che univa osservazione del reale e fantasia.






Si ignorarono le foto prebelliche, si abbassarono gli edifici e si cambiarono le proporzioni delle case seguendo la visione dei quadri del Bellotto . Mai un pittore fu più influente!
L’impatto del Bellotto lo ritroviamo ancora oggi non solo in ogni angolo di Varsavia, ma anche a Dresda e Vienna in cui i “Canaletto Blick” si identificano con la città. L’Immaginario di queste capitali Europee, si identifica con la visione del pittore veneziano!
